ATTIVITA' GRATIFICANTE


UN SONNELLINO POMERIDIANO



Lei sta dormendo, sta pure russando, dottore! Con queste parole, in tono risentito, gli si rivolse chi presiedeva quella riunione pomeridiana, nella sede periferica della nota Centrale in quel paese asiatico, caro a San Filippo, caldo e umido.

Il tizio non era cattivo; non sembrava nemmeno nemico dichiarato di chi s'era assopito.

Aveva pensato che quel sonno fosse motivato unicamente da disinteresse o noia per quegli argomenti e, quindi, aveva dovuto salvare la faccia per i numerosi ed illustri partecipanti a quell'incontro di lavoro; dunque, era stato obbligato a rilevare il comportamento anomalo e irriguardoso di chi era stato sorpreso a russare.

Sentendosi apostrofato, udendo il suo cognome, il dirigentino in pectore si svegliò, quasi di soprassalto, e, pur cercando di non farlo notare ma senza chiedere scusa, affermò di seguire l'esposizione e gli interventi, pur se stanco per il lungo viaggio.

La riunione andò avanti, con la solita approssimazione e superficialità, senz'altri problemi.

Fuori, infine, da quell'inospitale e grande sala, qualcuno dei colleghi, fingendosi amico, fece comprendere a chi s'era assopito che quell'episodio non avrebbe avuto seguiti, non sarebbe stato segnalato alla Casa e similari dabbenaggini.

L'altro, sicuro di sé ma senza arroganza, precisò che, comunque, si sarebbe infischiato di qualunque cosa fosse accaduta. Era sincero.

Non accadde alcunché e l'episodio fu dimenticato.

Quel dirigentino, in realtà, s'era addormentato non solo per disinteresse e noia, che pure c'erano e in grande misura, ma perché sfinito.

L'inetta segretaria, tipico prodotto di quella Casa, gli aveva organizzato non un viaggio aereo ma una vera Via Crucis, con soste ed attese di ore in tanti aeroporti di più paesi, facilmente evitabili se la fanciulla avesse avuto un po' di cervello. 

Non ne aveva affatto poiché, altrimenti, non sarebbe stata assunta in quell'organizzazione di geni, sempre o spessissimo candidati a premi Nobel, in tutte le discipline.

Inoltre, il giovine, scapestrato e gaudente, subito dopo il suo arrivo non aveva rinunciato ai soliti acquisti in città e, di sera tardi, s'era pure concesso distrazioni che l'avevano visto impegnato, con più partner, fino all'alba.

Soddisfatta la carne, la stanchezza cominciava a farsi sentire.

Nella mattinata successiva, come da programma, s'era recato coi colleghi a visitare quel meraviglioso parco ad oltre cento chilometri e anche il viaggio di ritorno era stato lento, faticoso.

Alla riunione pomeridiana era arrivato stanchissimo e a quella poltrona avrebbe preferito volentieri un letto, da occupare anche da solo.

Senza caffè espresso e senz'aria condizionata per l'avarizia e l'inettitudine del padrone di casa e per via dell'attività diurna e notturna, il giovine dirigente sfinito, di fronte alle solite menate e alle note stronzate, che altro poteva fare?

Estraniarsi, disinteressarsi, approfittare di quelle ore per fare un riposino, cercando di tenere gli occhi aperti, senza tuttavia riuscirvi.

Sperava pure di non essere notato. Lo tradì il suo russare, sonoro, quasi gentile per non disturbare i presenti.

Sostanzialmente critico verso tale metodo di lavoro, si fa per dire, il dirigenti-no finiva per ribellarsi, pur in modo originale, a quelle periodiche riunioni, tenute in paesi diversi e dai soliti peracottari.

Arrivava in ritardo, si assentava durante lo svolgimento dei lavori, usciva in anticipo adducendo scuse talmente verosimili che sapevano d'incredibile.

Altre volte, fingendo d'annotare qualcosa, disegnava mostri, forme allucinanti e riempiva tutti i fogli bianchi disponibili.
Non di rado - interveniva a sproposito e con tono aggressivo - pretendeva che s'inserissero nel verbale quelle strane trovate, logiche o giuste forse, ma non condivise da alcuno.

In precedenza, a quelle riunioni, non s'era mai addormentato; quella era stata la prima volta.

E accadde proprio quando quel saggio signore, onesto e non ladro e, quindi, con mani cortissime, fece rilevare, per salvare onore e faccia, che quel dirigentino ribelle s'era addormentato e addirittura russava durante quegl'importanti lavori di quei probabili vincitori di premi prestigiosi.

Quello scapestrato, tuttavia, non aveva mai temuto di perdere la faccia, che pure aveva ed era quasi simpatica a tante donne ed anche a qualche raro collega.

Ad essere veritieri e precisi, quel dirigentino non aveva mai voluto salvare la sua faccia.

In quell'ambiente e con quei colleghi, tutti, indistintamente, degni del Nobel, aveva avuto immenso piacere a perdere la propria faccia per sempre e non s'era occupato, neppure per un attimo, di cercare di ritrovarla.

Era felice per quella perdita. Se ne faceva vanto, onore anche.

Quel livello intellettuale presupponeva e giustificava ampiamente il non avere alcuna faccia.

La vera faccia da salvare, in realtà, sarebbe stata quella dei poveri contribuenti, obbligati a pagare, ignominiosamente, per quei turisti di lusso, inetti e peracottari, più o meno, senza eccezioni.

torna all'indice

Da portaborse ad esperto in cautela