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DA PORTABORSE AD ESPERTO IN CAUTELA



Ad Asino, pur esponente di spicco della segreteria, pardon!, dell'orchestra di Numero Uno, non poteva essere conferito per regolamento l'incarico per quell'avamposto scomodo ma comunque importante, costituito da milioni d'individui.

A Numero Uno interessava, solamente, tenere sotto controllo e aiutare - se del caso - l'amico e fratello che, per problemi esistenziali, aveva lasciato posizione e il resto nel Bel Paese e si era rifugiato presso il club del noto santone di quello Stato, rientrante nella competenza dell'esperto in cautela, Asino, che a tal fine, era già stato designato per quella attività.

Si scelse dunque Asino; fidato, disponibile e pronto a tutto per quell'incarico che gli venne assegnato con procedura eccezionale; mai e poi mai Asino avrebbe potuto ricoprirlo infatti, essendo quasi agli inizi della sua attività.

Questi fece buon viso a cattivo gioco; accettò l'incarico per quel luogo disagiato sotto i vari profili e decise di mettere a profitto quell'esperienza, coerente con il suo pensiero, la sua filosofia e con se stesso.

Quell'avamposto era il peggiore e i colleghi di Asino cercavano di evitarlo come l'AIDS, si direbbe oggi. Di peste, infatti, non si parla più.

Asino pensò che lì sarebbe diventato ricco. Il gioco valeva la candela.

Lì il tempo era libero completamente da inesistenti impegni; organizzò, con pochissimi amici, traffici vari dedicandosi, anzi specializzandosi in attività mercantile internazionale di beni, armature e strumenti vari; gli interessavano, poi, le grandi opere infrastrutturali e le gare d'appalto.

Investiva parte dei cospicui utili nell'acquisto di rare opere d'arte, anche di provenienza imprecisata, o pezzi da museo, quasi sempre per arredi e collezioni personali ma anche per incensare protettori dell'eterno agglomerato urbano, la Città.

In quel periodo emissari del Bellissimo Paese erano di casa nel posto e facevano frequenti visite ad Asino; gli affari fiorivano e lui era contento; si sentiva giustamente realizzato, potente, fortunato, ricco ma si sforzava, quanto più poteva, di apparire modesto, umile; diffidava comunque di tutti e disponeva di collaborazionisti, come dire spioni, nei vari ambienti e negli stati del suo vasto impero.

Un'organizzazione perfetta, con una precisa ripartizione di compiti ed incarichi e grandi mezzi. Asino sarebbe stato in grado di sapere, in dettaglio, se avesse voluto, anche quante volte Tizio o Caio aveva russato o starnutito, nell'arco di una notte, ovvero quante volte aveva orinato, nell'arco di una settimana.

Deteneva il potere!Mulo, formalmente capo di Asino, secondo costumi ormai radicati pretendeva rispetto formale dal sottoposto che, pur non venendo mai meno a tale dovere, decideva senza esitazione anche su vita, morte e agonia di qualsivoglia suo suddito.

Pallido, di colore bianco-giallognolo, sbiadito ed opaco, mai abbronzato e sempre in doppiopetto non elegante, a qualsiasi ora pur con quel clima caldo-umido; sudaticcio ma non sudato, flaccido, alto, malaticcio nell'aspetto, nevrotico, invidioso e corroso dentro da un'imprecisata rabbia contro l'intera umanità.

A causa della pedofilia che, pare, praticasse con assiduità? Solo dicerie delle malelingue di quell'ambiente provinciale?
Meno che mediocre anche nei suoi hobby; quei paesaggi ultraingranditi erano banali, gli scritti quasi sempre scopiazzati da testi locali; non si riusciva a leggerli fino alla fine. Non avevano nesso.

Se avesse potuto dirlo liberamente, al contrario avrebbe preferito morire anziché farlo, avrebbe ammesso che il suo modello era il dittatore per eccellenza, che adorava.

Era furbo e fors'anche intelligente; ricordava da vicino - nell'aspetto esteriore - un famoso politico della prima repubblica, disegnato, con gobba e senza collo, nelle caricature.

Le opere d'arte che riusciva a procurarsi venivano spedite, periodicamente nel Bel Paese con l'ausilio di speciali imballaggi, affidati a spedizionieri, selezionati con cura; pagati dal contribuente?

Fonte di utilì non trascurabilì, stimabili in centinaia -non decine- di milioni, era la concessione di permessi per visitare paesi europei a tantissimi richiedenti locali che, poi, sul posto cercavano di sopravvivere alla meglio alimentando, in vari casi, il mercato nero del lavoro, la commercializzazione e la distribuzione al dettaglio della droga, la prostituzione, la piccola e meno piccola delinquenza.

I poveri turisti o, meglio, i soggetti delle attuali migrazioni, finivano anche sfruttati da organizzazioni dedite al commercio ambulante, al lavaggio dei vetri ai semafori, alla vendita serale e notturna di rose in ristoranti e simili.

Dovevano, pur sempre e comunque essere riconoscenti ad Asino, al quale facevano incassare pur indirettamente l'equivalente di mille dollari a testa.

Che affarista, un vero economista, spinto solo da motivazioni umanitarie di fondo. Voleva solo aiutare quei poveri diavoli alla ricerca d'un avvenire migliore fuori da quell'inferno; non attribuiva alcuna importanza a quei mille dollari pagati da ciascuno che, semmai, potevano compensare il piccolo disturbo arrecato ad Asino per apporre la sua invero stringata firmetta su quei speciali librettini.

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Psicologia di asino