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VITA DA MULO



Il giovane Asino, l'asinello, non quello del presepe natalizio, fu presentato -per istruzioni personali di Numero Uno - agli amici del paese ospitante con apposita lettera che gli conferiva ampi poteri, quasi carta bianca su tutto, in quell'impero infernale.

Mulo fu opportunamente rabbonito; fra l'altro, si accolse prontamente la sua richiesta di costruire un grande palazzo che, come al solito in tali situazioni, gli avrebbe reso non pochi soldoni, senza rischi, esentasse.

Richieste analoghe erano state rifiutate, invece, ad almeno una mezza dozzina di precedenti Muli, pur per appartamenti di ben più modesti costi e contenute dimensioni.

Mulo fu, quindi, messo a tacere agevolmente ma non solo per via del palazzo.

C'era dell'altro ed era noto a chi comandava e decideva; lo confermò spontaneamente un ex Mulo di razza, ora consulente d'azienda.

Secondo tale fonte, quel Mulo era il peggiore che quel Casato (forse, quella casta) avesse mai avuto; un imbecille, un impotente, incapace di qualsiasi iniziativa o attività nel suo lavoro; guardone della moglie mentre questa si faceva accarezzare da giovani caproni, indefinibili sotto il profilo delle preferenze o abitudini sessuali.

Sessantenne, Cavalla, la moglie di Mulo, si faceva vedere sovente in compagnia di giovani puledri (svizzeri, austriaci, tedeschi e di altre nazionalità), efebi quasi sempre di sembianze similari.

Alti, biondi, piuttosto magri, eleganti e raffinati; venivano presentati dalla Cavalla e dal Mulo come amici, come ospiti.
La carriera di Mulo era stata determinata dallo zio cardinale, molto influente.

Non è sicuro, ma solite cattive lingue asserivano che Mulo fosse figlio del cardinale.

Cavalla e Mulo vissero, quasi sempre, in una casa-albergo di grande ed esclusivo lusso durante la loro permanenza nel paese lontano. La scusa dell'ospitalità non poteva convincere molto in quel singolare mondo di Muli e Asini, avari per professione e fede.

La casa-albergo si prestava bene, nel contesto del sesso a pagamento con prostituti importati; per mimetizzare e non destar sospetti si faceva ricorso all'ospitalità di giovani figli d'amici, di giovani parenti e così via.

La Cavalla, poi, metteva, costantemente in ridicolo Mulo col suo modo di fare da idiota, matta e stupida bambina viziata, non più giovane.

Questa, ad una triste cerimonia funebre, per fotografare il feretro, fece spostare d'autorità i parenti del defunto, rimasti allibiti. In uno scatto d'ira, scagliò la valigetta di pelle di Mulo nella fontana della casa-albergo, presenti parecchi conoscenti della coppia. 

Alle giovani suore che, finita la messa domenicale, rivolsero un saluto beneaugurante a Cavalla, che si apprestava ad uscire dalla chiesa, al marito Mulo, di cui conoscevano posizione e ruolo, unitamente ai loro figli e parenti, gridò con voce alterata, perché tutti la sentissero, che lei non aveva figli e non li aveva voluti. I presenti e le suore rimasero di ghiaccio, in quel clima torrido.

Mulo, sempre vicino a lei, continuò a restare immobile ed a bocca chiusa; temeva il peggio o, magari, che, se l'avesse contrariata non l'avrebbe più fatto assistere e guardare quelle sue scene di sesso. Era oculista patentato!

Il modo di vestire di Cavalla era assolutamente inadeguato, oscillante fra quello tipico della diva americana anni Cinquanta o identico a quello delle ragazze di buona famiglia fra i dieci e i dodici anni.

I gioielli erano, invece, vistosi, costosi e li sfoggiava in grande quantità, in tutte le occasioni; quasi a voler schiaffeggiare la povertà vera, che la circondava.

Ne indossava molti anche quella mattina, mentre attendeva l'autista della Rappresentanza nella hall della casa-albergo. Scambiò una breve conversazione con un signore, da poco arrivato dal noto Bel Paese; questi osservò, fra l'altro, che anche per un Mulo doveva essere un sacrificio vivere lì, alludendo al marito di lei.

Cavalla, ad alta voce e con gesticolare nevrotico perché non solo la sentissero ma anche la notassero, disse che ai Muli è riservata una posizione di privilegio, guadagnano moltissimo, sono invitati per primi dappertutto ed aggiunse un'infinità di altre stupidaggini.

L'altro non aprì bocca; andò via senza nemmeno un cenno di saluto, vergognandosi per Muli e Cavalle che si mandano in giro e si pagano profumatamente, con il danaro di ormai stanchi contribuenti.

Povero Mulo! Anche con tutti quei soldi e privilegi fa pena; e, poi, appare stanco, con lo sguardo assente; trascorre molte ore a fissare le sconcezze indescrivibili della sua Cavalla con giovinastri di malaffare ed ha quel suo piacere.
Verrebbe voglia di dire: vita da Muli!

Ma, per la verità, non tutti i Muli sono identici; molto simili, è da credere. Hanno succhiato stesso sangue, fin da bambini.

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Comparse delinquenziali