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COMPARSE DELINQUENZIALI



Conosciamo già interpreti ed attori anche di quella marachella delittuosa, svoltasi in un difficile paese lontano, ben diverso da quello in cui morì quel viaggiatore cremonese, paese irripetibilmente descritto da Marco Polo. 

Quindi, dopo Asino e Mulo, non ci resta che conoscere un po' più in dettaglio Cretino, Marcantonio e Pancotto e qualche altra comparsa di quel teatrino con due palcoscenici, il primo nel paese lontano ed ospitante e l'altro nella Casa Padronale Centrale del Bellissimo Paese.

Cretino, come rivela il nome stesso, venendo al mondo ebbe in dono la rarissima facoltà di non capire mai, di non vedere o sapere mai, di tramare nell'ombra e di delinquere stupidamente, come pochi e molto spesso.

Ebbe ancora in dono, nascendo, la parola. Non esitava, infatti, a parlare a sproposito anche in quella lingua che conosceva molto bene e che gli consentiva, senza far errori nemmeno di pronuncia, di dire le solite cretinate quasi a voler confermare i contenuti della sua personalità, sintetizzabili nel suo nome.

Scialbo e insignificante nell'aspetto, alto e gibboso, inelegante nel vestire, sempre con occhiali da sole di nessun gusto, superstizioso, avaro, bugiardo, frequentatore e amico di altri merdosi e pidocchiosi come lui, vile per natura e mai per necessità; un vero idiota con spiccate tendenze a commettere delitti senza motivo, per quanto è dato sapere.

La sua laurea era, più che in parte, il risultato dell'intervento dello zio, professore e poi preside di quella facoltà .

Il padre, strano avvocato d'insuccesso ma danaroso di famiglia, gli procurò quel posto con un colpo di mano del potente politico, amico di tutta la famiglia da tempo immemorabile, che l'aiutò pure a fare carriera.

Aiutò anche e per intercessione di Cretino quello Strabico, che abbiamo già conosciuto, nella sua scalata al potere; quando, grazie a tale intervento, smise d'essere Vice e divenne Grandissimo Capo, ricompensò il Cretino generosamente.

Si ricorderà che il Giusto fu bacchettato alle mani, espulso dalla scuola e spedito alla Casa. Quel Cretino prese possesso del posto e successe al Giusto.

Pur col bisticcio di parole, fu una ingiustizia e nient'altro, sadica e punitiva.

Strabico e, di certo, non Cretino - soltanto comparsa - predispose un piano preciso, ben orchestrato, dettagliato in tutti i particolari e riuscì nel suo intento.

Diede, con tutte le sue forze, la prima seria picconata alle fondazioni del Palazzo, la Casa Padronale Centrale, e ricoprì d'onori Cretino, meritevole, senza alcun dubbio, per aver contribuito alla sua nomina a Grandissimo Capo.

Al vertice di quell'avamposto, Cretino, per la sua natura d'avaro, vizioso e senz'anima o sentimenti continuò a vivere circondato da escrementi, come in passato e come sempre.

Solo nel tempo libero s'occupava di sport, più che altro di calcio; professionalmente gl'interessava il danaro, anzi quel danaro che si poteva ottenere con intrallazzi, con fatture inesatte, si fa per dire, per eccesso, con altri vari furtarelli di galline e patate, che in totale facevano una bella sommetta, diverse decine di milioni a quanto si sa. 

Forse si sa per difetto.Con altre parole, aveva le mani lunghe e il cervello... meglio non parlarne. Lo conoscevano tutti per nome e cognome.

Tuttavia, ogni tanto, riusciva anche a comporre brevi scritti, in stile moderno, ma erano anonimi.

Non che non gli piacesse scrivere o usare il suo nome ma riteneva che firmare con Cretino sotto il testo di un telescritto, per esempio, avrebbe potuto creare confusione o incredulità.

Se, per ipotesi, qualcuno si fosse imbattuto in Cretino, per la sua attività in quell'avamposto, l'avrebbe scambiato, non per la comparsa che è comunque, ma per un vero e grande attore.

La medesima considerazione vale anche per Strabico; l'interesse, pur ipotetico, dei giustizieri di Stato per interpreti, attori e comparse di quel teatro avrebbe sortito come risultato una maggiore pulizia nel Bel Paese con il plauso, incondizionato, anche dei Verdi.

Marcantonio, socio di quegli affari miserabili di Cretino, era anche suo suggeritore e ispiratore.

In ogni caso, pur con la sua negativa e rozza personalità, v'era più autenticità e spontaneità in lui che in quell'altro.

Alto, robusto, forte e brutale, Marcantonio era coltissimo o, forse, solo erudito o, probabilmente, nemmeno erudito sebbene non parlasse il cinese antico, il giapponese medioevale o il brasiliano moderno ma solo il dialetto della città.
Riusciva ad esprimersi anche restando in silenzio; era ventriloquo.

Con folta chioma, poteva ricordare anche un gorilla o due scimpanzé; ovviamente meno vivace e intelligente di questi animali.

Anche lui, come il suo socio, amava il calcio, la politica e riusciva a leggere financo i giornali.

È stata confermata la notizia secondo la quale disporrebbe di una vasta raccolta di ritagli stampa, iniziata nella sua prima gioventù, quand'era ancora picchiatore di gruppuscoli delinquenziali più o meno politicamente impegnati.

La sua vera passione tuttavia erano i numeri, il mondo dei numeri; la sua specializzazione erano, invece, i numeri semplici, più in là non arrivava.

Marcantonio, improvvisatosi regista per qualche tempo, guidava la mano di Cretino che, da solo, sarebbe stato incapace di produrre qualsivoglia aborto in qualsiasi impresa.

I due, fra l'altro, condizionando e ricattando manovalanza locale, meno di comparse, ottennero il risultato sperato in quell'avamposto: gestire in prima persona le spese, firmare assegni per sé stessi e per qualche raro amico.

Ai due s'è saltuariamente associato, quasi per sopravvivere e per quieto vivere, anche Pancotto; in realtà Pancotto non svolse alcun ruolo nelle azioni truffaldine dei due.

Al contrario, incisivo ed entusiasta è stato il ruolo di collaborazionismo svolto dalla gentile, fine, bella e slanciata signora sempre impegnata coi lavoratori, già amante di Cretino, fidata collaboratrice di Strabico a quel tempo, la quale con segretezza degna di migliori cause, ferì con varie pugnalate, quasi mortali, il Giusto.

Strabico seppe, anche in questo caso, premiare chi gli spianava la strada. Inviò alla gentile collaboratrice un fascio di rose bellissime, di tutti i colori, con al centro un crisantemo di nessun colore per farle comprendere, senza dirlo a parole, che l'aveva nominata Capo; crisantemo equivaleva a capo, per via dell'identica consonante iniziale, secondo quest'originale trovata dello Strabico.

Pur quasi analfabeta, quella slanciatissima, bella, fine e gentilissima signora (dal culo troppo basso, diceva qualcuno) fu promossa sul campo.

Che si può desiderare di più, quando le cose vanno in questo modo?

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Il picchetto d'onore