CURIOSITA'


FOTOGRAFARE COME DIPINGERE

Raffaello pensò a lei; le telefonò. 11 giorno successivo, disse, sarebbe venuta a Roma per trascorrere alcuni giorni con la sua amica, artista, presso la quale avrebbe alloggiato.

Coincidenza, caso e telepatia che Ursula - non la vedeva da circa dieci anni, pur telefonandole di tanto in tanto - rilevò.
Decisero d'incontrarsi; l'andò a prendere alla Villa per artisti dove abitava e la portò a cena.

Un ristorantino sull'Appia Antica e poi, dopo cena, brindarono all'incontro e ascoltarono musica, a casa.

Non cercò testi di chiromanzia fra i suoi libri questa volta e non riuscì a vedere quadri recenti; non dipingeva da qualche tempo.

Accennò ad una personale, che avrebbe voluto organizzare per l'autunno successivo, nella città di Ursula, a spazi espositivi, a catalogo, sponsor e altro.

Lei non mostrò interesse; lui non volle insistere. Parlò molto di se stessa; volle farsi conoscere meglio.

Del suo matrimonio disse ch'era fallito al secondo anno, molto tempo fa e di cui non le importava; della madre anziana, ch'era un po' noiosa; dei suoi amici, di qualche amico e di tanti artisti ch'erano, pur sempre, la sua vita; dell'inefficace tentativo di droghe, solo un mezzo per poter restar sveglia a lungo e nulla più; di tanti viaggi ch'aveva fatto, sempre da sola e in diversi paesi che pure Raffaello conosceva, e d'un protettore peruviano - che le si era imposto quella volta durante un tal viaggio di studio - che non era stato di alcun ausilio. Parlò di altre vicende, accadutele da qualche parte in questo mondo, e d'altro.

Gli domandò ancora se dipingeva. Lui rispose che non stava lavorando in quel periodo ma ch'era come se lo facesse, in qualche modo.

Per dipingere non è sempre necessario avere i pennelli fra le mani, precisò.

Dipingere non è solamente tele, colori e pennelli con i quali trafficare ad ogni costo ma, soprattutto e prim'ancora, idee che si vogliono esprimere e trasmettere con la pittura, un modo di concepire, interpretare o anche criticare la realtà, che s'esprime per immagini, con colori e altri mezzi idonei.

Prima occorre assecondare il processo di gestazione e maturazione delle idee, consentire il loro libero affiorare, la loro formazione e, poi, prendere i pennelli e il resto e lavorare, aggiunse. Si può non lavorare e recuperare quel tempo quando le idee emerse sono giuste.

Una mano esperta, esercitata e altre conoscenze tecniche sono d'ausilio, ma non determinano il messaggio del pittore. L'ausilio tecnico e l'esperienza, da soli, danno vita a quadri decorativi, a prodotti legati alla moda del momento e nulla di più.

Fu d'accordo solo in parte, e fu, comunque, un risultato significativo poiché, fra individui che disquisiscono sull'arte, le idee possono essere diversissime e pur sempre valide, interessanti.

Dunque, non ci si può meravigliare quasi mai e di nulla in fatto di arte.

Poi, Ursula disse, seriamente e non come battuta, che non si dipinge più oggi. I pittori di questi anni quasi non dipingono affatto.

Anche la sua amica pittrice, bella e originaria della regione orientale del suo Paese, si limiterebbe a fotografare, raramente userebbe i pennelli, chiarì.

In quella Villa su dodici artisti, cui è stato assegnato lo stipendio, una sola è pittrice, uno è scultore, alcuni sono musicisti e tutti gli altri sono fotografi-pittori, precisò.

La pittrice-fotografa, disse, è conosciuta e l'ultima collettiva di Mosca includeva un suo importante lavoro: un fotoingrandimento d'una parte del cimitero d'un paesino dell'Europa orientale, ricoperto da lamelle quadrangolari di cera, semitrasparenti. Su ogni quadratino di cera erano state scritte parole che, nell'insieme narravano poeticamente il massacro di quegl'innocenti, trucidati a sangue freddo e in tempo di pace, ora sepolti in quel cimitero.

Fece anche un cenno allo strano direttore dell'istituzione che (forse creativamente) riempiva di rospi il giardino di quella Villa per combattere (giustificandosi in questo modo con chi gli chiedeva delucidazioni) zanzare e insetti che l'avevano preso di mira e letteralmente occupato.

Anche la fotografa-pittrice trascorreva ore a riprendere quei rospi in varie posizioni e a raccogliere e conservare rospi morti, rinsecchiti e asciugati dal sole con i quali riempiva il suo studio. Li trovava interessanti; gli suggerivano scenari immaginari, nostalgici, un aspetto della sua creatività.

Continuò parlando della difficile vita di quegli artisti che lasciano le loro abitudini, le loro relazioni, le loro abitazioni, i loro affetti per trascorrere un anno nella Città, abitare in quella Villa, non tranquilla, rumorosa anche di notte e del giardino, significativamente, pieno di rospi e carogne di rospi, che aumentano a vista d'occhio.

Gli artisti dormono malissimo o addirittura sono costretti a rimanere quasi sempre svegli per via dei fantasmi di cui è invasa la Villa, ancora più numerosi dei rospi.

Ognuno di quei creativi ne ha almeno uno che lo visita, lo tormenta e lo distrugge di giorno ma soprattutto di notte, succhiandogli, come vampiri, il sangue, la vita.

Raffaello la guardò attentamente per cercare di capire il grado di serietà e di convinzione con cui pronunciava quelle parole. Gli sembrò del tutto convinta, seria; diceva soltanto la verità o, meglio, quello che credeva essere vero.Diceva anche la verità di quegli artisti o, meglio, quello che loro credevano e le raccontavano.

E la verità di Raffaello, o, meglio, quello in cui crediamo, che cos'è?

Noi possiamo credere solo ai messaggi pubblicitari ed all'oroscopo dei quotidiani!

Il credo è: La Standa, il tuo mondo sotto casa! ovvero Marte nel tuo segno ti dà amore, successo nel lavoro e tanti soldoni; la salute, grazie a Giove, è sotto controllo!

Ora Raffaello non la guardava più; girò lo sguardo e non l'ascoltò nemmeno.

Pensava per associazione d'idee sempre e soltanto a quegli altri due fantasmi, già attori, incontratisi per caso a quella fermata dell'autobus per quartieri periferici e dei quali è meglio non parlare più.

Pensava a quei due fantasmi con tristezza, con la morte nel cuore, assolutamente consapevole che i due giocavano a distruggere reciprocamente quel poco ch'era rimasto delle loro esistenze.

Ursula bevve, anche gli altri bevvero; Raffaello cercò di conservare il minimo di lucidità necessario per poter guidare e riportarla dalla sua amica, nella famosa Villa.

In macchina, si slacciò la giacca del tailleur nero, a pois bianchi di varia grandezza, che la facevano sembrare più magra, slanciata; si tolse anche le scarpe, con tacco altissimo, che sfoggiava con orgoglio, con vanità. Le ho acquistate in mattinata al Centro, precisò.

Non c'era traffico, era già quasi mattino e si fu davanti al cancello della Villa in pochi minuti; la facciata era ultrailluminata, non aiutava a creare intimità.

Parlarono un attimo, prima di salutarsi.

Lui la guardò e la trovò totalmente donna, in quel piccolo spazio che l'auto offriva; era piacente e attraente, a prescindere dall'età che non importa mai, o quasi.

Aveva voglia di lei e, forse, lei di lui.

Ognuno, senza motivo, ritornò alla propria destinazione finale; per Raffaello obbligatoria: era atteso.

Ciascuno dei due dormì quella notte, senza nemmeno un fantasma, purtroppo!

Vita di poveri artisti!

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Prendersi in giro da soli