MAGNETISMO E IMPREVISTI


IL SUO MIGLIORE AMICO



Brillante e sportivo, quasi un bell'uomo e, a poco più di trent'anni, già direttore dell'avamposto nel tranquillo paese africano, gestito e organizzato alla maniera europea. 

Più che stare in ufficio, preferiva la vita all'aperto e s'era organizzato per trascorrere in quel posto un'oretta all'incirca di mattina, andar via e ritornarvi di sera, poco prima della chiusura, per firmare la corrispondenza e occuparsi di quanto non poteva affidare ad altri.

Trascorreva, praticamente, le giornate al mare o in laguna, dove teneva la barca per esercitarsi nello sci nautico, la sua vera passione.

Magro, slanciato e con un po' di muscoli, era in questo sport un vero campione, naturalmente dotato, ammirato da tutti per eleganza e stile.

Uscendo dall'ufficio dopo quell'oretta di lavoro mattutino, blaterava scuse o alludeva a impegni vaghi o immaginari all'esterno; nessuno l'ascoltava più, ormai.

Gl'impiegati s'erano abituati al suo volto sempre abbronzato, al suo aspetto sano di sportivo in costante allenamento, sempre assente dall'ufficio ed alle sue bugie.

L'individuo, il direttore, era proprio fortunato, aveva tutto e tutti lo invidiavano.

Una bella moglie svedese, due gemellipi biondissimi, abitava in una bella casa con giardino (il deposito della contabilità ufficiale dell'organizzazione), possedeva macchine di grande cilindrata, barca, motocicletta americana, guadagnava meglio d'un ministro, riusciva simpatico ed era benvoluto, stimato nell'uno e nell'altro dei due paesi, quello di destinazione e l'altro di provenienza.

Ritrovò, in quell'avamposto, l'amico del cuore, il suo migliore e fraterno amico.

Questi vendeva semplicemente armi ed era ormai quasi ricco; una grande villa in una tenuta di alcune decine di ettari con guardie del corpo, domestici, servitù, impiegati.

Sempre celibe, senza compagna fissa o famiglia, la villa era anche sede dei suoi uffici.

Il direttore-campione di sci nautico, in quel tranquillo e anglofono paese africano, incontrò anche l'amico del padre, ambasciatore.

Entrambi, venditore d'armi e ambasciatore, imposero a tutti quel direttoregiovane e simpatico, lo favorirono in ogni modo, anche nelle più private esigenze e necessità.

Come quasi tutte le europee, anche la moglie del campione di sci nautico, all'arrivo dell'estate raggiunse la famiglia d'origine in Svezia, insieme con i gemellini.

Il ritorno alla base era previsto all'inizio dell'autunno.

Fa bene, soprattutto ai bambini, trascorrere qualche mese in Svezia in un clima più mite disse agli amici che andarono all'aeroporto a salutarla.

Il campione di sci nautico, ora libero completamente, si scatenò e, con l'amico o senza di lui, frequentò locali notturni, bevve, giocò con droga e con donne, dormì spesso fuori casa, fece l'amore con più giovani fanciulle africane, anche contemporaneamente, e cose del genere.

Un giorno, che sembrava esattamente come tutti gli altri, dal consolato qualcuno telefonò all'avamposto per informare che il campione-direttore era in ospedale, ricoverato a seguito d'un grave incidente d'auto.

L'auto che guidava era finita contro un pilastro di cemento. La giovane donna, seduta accanto a lui, era in corna.
L'incidente aveva avuto luogo in una via d'una zona decentrata e malfamata di quella città africana.

Il capo dell'avamposto aveva riportato gravi fratture in più parti del suo corpo e si prevedeva una lunga degenza, di almeno un mese.

Laconicamente, per non nuocergli, s'era informata la Casa Padronale Centrale; i particolari, furono opportunamente, omessi. Non si mentì; si omise soltanto che è forse la stessa cosa.

Nei giorni successivi si dovettero risolvere, con l'aiuto degli amici, i problemi che quell'incidente aveva sollevato.
Si costruì una patente di guida valida, si stipulò una polizza assicurativa coprente i terzi - non familiari - trasportati, con decorrenza appropriata e medici e analisi non riscontrarono o rilevarono nemmeno tracce di droga e di alcol nel sangue del guidatore.

Anche per l'automobile, ancora con la targa d'origine dopo ben tre anni, si trovò una soluzione.

Nessuno si meravigliò, nessuno domandò.

Informata telefonicamente, la moglie del campione di sci nautico prese con sé i gemellini e raggiunse il marito per essergli vicino.

La povera donna, incontrata per caso in quel locale notturno, dopo circa un mese di coma, morì.

Nessuno la cercò; i genitori erano morti, era figlia unica; non aveva figli o altri parenti, per quanto si sa.

L'ex marito presenziò, disinteressato e quasi infastidito, ai rapidi funerali; poi sparì.Per quel guidatore provetto nessuna conseguenza; tutto sembrò normale, scontata anche quell'inutile morte!

Nessuno si chiese che cosa sarebbe accaduto se quell'incosciente non avesse guidato quella potente auto in stato d'ubriachezza e dopo aver abbondantemente sniffato.

La stampa non si occupò di quel caso. Nemmeno una riga!

Trascorsero alcuni mesi, dopo degenza e riabilitazione, e il campione ricominciò come prima.

Vita sregolata e liti costanti con la moglie, non di rado anche in presenza dei bambini.

La donna, stanca di quell'andazzo, cominciò a tradirlo perché non tollerava più il modo di vivere e di fare di quell'emerito imbecille.

Questi un giorno, senza speciali motivazioni e non avendo altro da fare, andò a trovare l'amico fraterno, il suo confidente, il suo migliore amico.

Guardie e domestici l'ossequiarono, come sempre, e lo lasciarono entrare; era di casa.

Cercò l'amico dappertutto, senza trovarlo; infine, poco prima d'andar via, guardò, per scrupolo, nella sua camera.
Finalmente aveva indovinato, l'aveva trovato!

Era in quella camera insieme con sua moglie, facevano l'amore; forse, semplicemente sesso.

Voleva ucciderli entrambi, s'infuriò, gridò; prontamente arrivarono guardie, domestici, impiegati.

Si cercò di conservare un minimo di dignità, di controllo e di calma.

Sua moglie prese i gemellini e il giorno successivo partì per la Svezia; poi chiese ed ottenne il divorzio.

Lui, disperato, cercò per circa un anno, invano, l'amico per ucciderlo.

Quindi lasciò il lavoro e finse di non pensarci più; andò via a ritentare la vita altrove.

Tutto andò come peggio non si poteva.

Uno dei suoi fratelli si suicidò; la seconda giovane moglie morì di cancro. Uno dei gemellini finì nel tunnel della droga, l'altro rimase eterno disoccupato.

Un conoscente che voleva imparare lo sci nautico dal campione perse la gamba, finita nell'elica della barca.

Forse quell'innocente e povera donna, ch'egli uccise guidando l'auto in preda all'alcol e alla droga, e che, solo per caso, aveva incontrato in quel locale notturno, non sarebbe voluta morire, comunque, così presto ; e, in ogni caso, mai per un incidente che si sarebbe potuto evitare se a guidare quell'auto non fosse stato l'irresponsabile beone drogato.

Lei l'aveva incontrato casualmente; non era il suo tipo e non voleva andare con lui, che pure ripetutamente aveva insistito.

Lei aveva accettato solo d'essere accompagnata a casa; non voleva affatto andare in quella via buia e malfamata, lontano dalla sua abitazione.

Per questo continuava a punirlo, a ricordargli d'essere assassino, fesso, insignificante, senza storia, senza passato, presente o futuro; condannato a soffrire, in questa e in altre vite.

 

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