UN AMORE VISCERALE


ROBERTO



Non manifesta molto interesse ad incontrarlo ora; si può intuire il motivo, impegnato com'è in un'incessante ricerca fine a sé stessa: sesso con contorno d'altro sesso.

I due condivisero un breve, piacevole momento della loro vita.

Si conobbero in terza liceo; Roberto proveniva da un altro istituto.

Non completò l'anno scolastico ed il padre, un politico democristiano del tempo, lo fece assumere all'Ente regionale della Città dell'Isola.

Era originale, vivo, ma gli mancava costanza e forse altro. Era simpaticissimo, robusto quanto basta, sano, naturalmente elegante, fine, un bel ragazzo biondo, di carnagione chiarissima.

Si rividero lo stesso anno, in autunno, nella Città dell'Isola; Roberto impiegato, l'altro studente universitario al primo anno, matricola.

S'incontrarono una sera, parlarono a lungo; era sicuro di sé e al compagno di liceo consigliò di studiare mentre lui poteva farne a meno; aveva altre risorse.

A quell'altro studiare interessava; era stata una sua scelta, in parte anche contro la volontà di suo padre, che si era fatto altri programmi sul futuro del figlio: continuare le piccole attività imprenditoriali della famiglia.

Ai due venne fame, comprarono cibo in una friggitoria che divorarono letteralmente - come Roberto osservò - nella sua stanza di un centrale pensionato per universitari.

Disse abbiamo proprio fame ed era vero; per lo studente la fame era dettata dall'ora tarda; non lo precisò a Roberto per non contrariarlo e per altre considerazioni.

Finita la cena, Roberto nutrì con tuorlo d'uovo una biscia lunga oltre un metro che teneva chiusa in un vecchio cartone; serpente non velenoso ma inadatto all'ambiente e che, trovato vicino ad un pozzo nella tenuta agricola del nonno, nascondeva sotto il letto, temendo d'esser cacciato via dal pensionato.

Il suo progetto del tempo era di accumulare un gruzzoletto per partire, andare in Scandinavia in cerca di avventure, e per tale motivo, risparmiava anche sul cibo.

Anni dopo l'amico di Roberto trovò un suo romanzo breve in una libreria della sua città e lo comprò; lo lesse e il tutto l'amareggiò. Il testo autobiografico gli sembrò senza senso, senza spessore. Gli trasmise una vaga sensazione del
vuoto esistenziale del quale Roberto continuava a nutrirsi avidamente.

Uscirono ancora insieme quei due nella Città dell'Isola , dopo quella sera; in una di quelle uscite serali di quel tempo conobbero tre turiste, una era già insegnante, più grande di loro; avevano voglia d'avventura.

Per essere tre contro tre, invitarono il primo ragazzo che passò e che si unì subito a loro. Non lo conoscevano affatto ma capì subito il problema ed ebbe fiducia. Si unì a loro, senza fare domande.

Si recarono alla Marina; ognuno aveva espresso la propria preferenza, si formarono naturalmente le coppie e tutti furono d'accordo subito. Tutto si metteva bene. Arrivarono alla Marina e si separarono ciascuno con la propria amica; il giovane universitario si allontanò con l'insegnante.

Appartati, dietro barche da pesca ch'erano sulla spiaggia ed in preda ad effusioni, improvvisamente udirono un vociare sempre più nitido che, infine, compresero: strappale le mutande ed espressioni del genere, in dialetto.

Un gruppo di ragazzi sui vent'anni si avvicinò minaccioso dando fastidio, urlando e chiedendo pure io, pure noi.

Lo studente disse quello che gli venne in mente per cercare di farli andare via: sono con mia moglie e cose simili, ma ovviamente non funzionò; altri erano andati da Roberto e dal terzo compagno. Qualcuno tirò fuori un coltello.

Si dovette andar via; la serata era compromessa e insoddisfatto il desiderio d'avventura delle fanciulle e del terzetto. Le turiste ripartivano il giorno dopo.

Di Roberto non si seppe più nulla per anni , ad eccezione di qualche vaga notizia da comuni conoscenti. Una sera, dopo tantissimi anni, i due amici si incontrarono a Roma; Roberto partecipava ad una trasmissione televisiva, molto seguita, e parlarono brevemente. Erano contenti di rivedersi.

Il compagno di liceo, che da molti anni viveva e lavorava a Roma, lo invitò a casa; Roberto non poté accettare. Telefonò per scusarsi e disse ch'era alla ricerca di qualcosa e di non avere tempo.

Tutti siamo alla ricerca di qualcosa che, tuttavia, può risultare irraggiungibile.

Che fare, quindi, caro Roberto? Vivere in una incessante ricerca ovvero fermarsi anche per un solo attimo e guardarsi dentro?

 

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Javier